CESSIONE RAMO D' AZIENDA

TRASFERIMENTO / CESSIONE

 RAMO D’ AZIENDA


3.1 IL MANTENIMENTO DEL RAPPORTO DI LAVORO

Come regola generale, in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario  ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (art. 2112 co. 1 c.c.).

Il rapporto di lavoro, in pratica, prosegue in tutti i suoi aspetti contenutistici, si considera unitario e senza  alcuna interruzione dovuta alla modificazione soggettiva intervenuta rispetto al datore di lavoro.

Peraltro, ai  fini dell’applicazione di tali disposizioni, occorre fare “riferimento solo a quelle posizioni dei lavoratori che  abbiano già assunto la natura di veri e propri diritti soggettivi, non riguardando invece le mere aspettative o  situazioni in fieri che potranno trasformarsi in diritto in tempi futuri”.

Pertanto, in particolare:

• è mantenuta l’anzianità di servizio maturata e il relativo TFR;

• è mantenuto il diritto al godimento delle ferie complessivamente maturate e dei permessi non usufruiti;

• le mensilità aggiuntive vengono corrisposte per intero, compresa la quota maturata alle dipendenze  del cedente;

• si prosegue con l’assistenza fiscale relativa ai modelli 730 (es. effettuazione dei conguagli) e con la  trattenuta delle rate delle addizionali IRPEF;

• i conguagli fiscali e contributivi di fine anno devono tenere conto della retribuzione  complessivamente percepita dai lavoratori interessati, sia presso il cedente che presso il  cessionario;

• deve essere rilasciato dal cessionario il modello CUD con i dati complessivi fiscali e con quelli contributivi per le singole posizioni assicurative;

• se il trasferimento comporta l’estinzione del soggetto preesistente, il cessionario dovrà presentare la  dichiarazione modello 770 Semplificato anche per il cedente, compilando per quest’ultimo appositi  quadri aggiuntivi.

3.1.1 L’esclusione del licenziamento del dipendente per effetto del trasferimento d’azienda

Il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento, ferma restando però la facoltà  di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti (art. 2112 co. 4 primo periodo  c.c.).

Pertanto, occorre una giusta causa o un giustificato  motivo che legittimi il cedente all’adozione del

provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro, diverso dal fatto del trasferimento d’azienda.

Parimenti, il cessionario potrà ridurre la base occupazionale attivando processi di riorganizzazione e di  ristrutturazione, ma non adducendo semplicemente l’avvenuta acquisizione dell’azienda.

Inoltre, occorre considerare anche la disciplina prevista nel caso in cui si intenda effettuare licenziamenti  individuali ovvero licenziamenti collettivi.

3.1.2 L’esclusione dell’applicazione presso il cessionario della disciplina del cedente relativa ai licenziamenti

Poiché, come sopra indicato, l’art. 2112 co. 1 c.c. deve essere interpretato con riferimento solo a quelle posizioni dei lavoratori che abbiano già assunto la natura di veri e propri diritti soggettivi, la giurisprudenza  ha chiarito che i lavoratori licenziati dal cessionario, non assoggettabile alla disciplina di tutela “reale” per  mancanza del requisito numerico di cui all’art. 18 della L. 20.5.70 n. 300 (Statuto dei lavoratori), non  possono invocare “la posizione per essi più vantaggiosa in cui versavano in materia di conservazione del  posto di lavoro presso la precedente impresa, per le maggiori dimensioni della stessa, atteso che il diritto  alla tutela (reale o obbligatoria) del posto di lavoro sorge solo al momento dell’intimato licenziamento”.

3.2 LA GARANZIA DEI CREDITI DEL LAVORATORE

Il co. 2 dell’art. 2112 c.c. stabilisce che il cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento.

“Il lavoratore titolare del credito potrà quindi chiedere l’adempimento per la totalità sia al cedente che al cessionario, fatta salva la facoltà di regresso (il debitore che ha pagato l’intero debito può chiedere al condebitore il pagamento della propria parte)”.

La responsabilità sussiste anche se il cessionario stesso non ne sia a conoscenza e anche se i crediti non risultino dai libri contabili obbligatori.

La responsabilità solidale del cessionario per i crediti vantati dai lavoratori al momento del trasferimento d’azienda presuppone però la vigenza del rapporto di lavoro con quei lavoratori e non è, quindi, riferibile ai crediti maturati nei rapporti cessati anteriormente al trasferimento medesimo.

D’altra parte, la responsabilità del cessionario non  può essere limitata ai crediti che il lavoratore ha maturato in relazione al periodo in cui ha prestato la sua opera presso il cedente, dovendosi invece far riferimento a tutti i crediti comunque facenti capo all’alienante, anche se a questi facenti carico per effetto dell’acquisto, a sua volta, di un’azienda da un precedente titolare.

3.3 L’APPLICAZIONE DEI CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO

Ø       Il co. 3 dell’art. 2112 c.c. stabilisce che il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi  previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro  scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario.

 

Ø       La norma conferisce, quindi, di regola, una sorta di  ultrattività alla contrattazione collettiva, in quanto questa produrrà effetti anche in ordine ad un soggetto (il cessionario) che non è parte dell’accordo. Tale  applicazione ultrattiva verrà comunque meno alla scadenza del contratto collettivo, restando in seguito il cessionario del tutto svincolato rispetto ai contratti applicati nell’azienda prima del trasferimento della  stessa.

La disposizione in esame aveva dato luogo ad un orientamento giurisprudenziale in base al quale “l’art. 2112 codice civile si preoccupa ora di assicurare in linea di principio che il dipendente ceduto sia protetto dallo stesso contratto collettivo che regolava il suo rapporto presso l’azienda ceduta, quale che sia l’attività svolta dall’impresa acquirente, nel caso in cui questa non applichi alcun contratto collettivo (…).

Ø       Tale preoccupazione della continuità di una copertura contrattuale, tuttavia non ha più ragione di esistere quando l’impresa acquirente segua comunque una contrattazione collettiva. In tal caso, infatti, la regola è  che la contrattazione collettiva dell’acquirente, successiva a quella dell’alienante, sostituisca immediatamente ed in tutto la prima disciplina collettiva.

In tali ipotesi, secondo i principi generali, la contrattazione collettiva successiva può derogare anche in  peius le condizioni previste dalla precedente contrattazione collettiva”.

Ø       Come è stato osservato, “la preoccupazione di assicurare al lavoratore la protezione del contratto  collettivo che regolava il suo rapporto presso l’azienda ceduta, non ha ragion d’essere allorquando la  contrattazione collettiva esista nell’impresa acquirente e la disposizione risponde anche all’ulteriore  esigenza razionale di omogeneizzazione dei trattamenti collettivi di tutti i dipendenti di una stessa  impresa”. (l’IMPORTANZA DI AVERE IL SINDACATO E GLI ISCRITTI NELLA NUOVA AZIENDA E’ FONDAMENTALE  PER AVERE LA CONTRATTAZIONE AZIENDALE)

Tuttavia, il nuovo testo introdotto dal DLgs. 18/2001 prevede ora che l’effetto di sostituzione si produca  solo tra i contratti collettivi del medesimo livello (nazionale, territoriale o aziendale).

Pertanto, come evidenziato dalla relazione governativa al DLgs. 18/2001, non può “ritenersi ammissibile, ad esempio, che l’imprenditore cessionario, che applica soltanto un contratto collettivo nazionale, possa per ciò solo considerarsi esonerato dall’obbligo di continuare a dare applicazione ai trattamenti previsti  dalla contrattazione aziendale in essere presso il cedente (ovviamente fino alla loro scadenza o sino alla stipulazione di un contratto aziendale nell’impresa del cessionario, che potrà assumere la ben nota forma del contratto collettivo «d’ingresso» stipulato in stretta correlazione alla vicenda circolatoria)”.

Secondo i criteri interpretativi forniti dalla Corte di Giustizia UE e recepiti dalla giurisprudenza nazionale,

l’art. 2112 c.c.:

• ha uno scopo eminentemente conservativo, volto  a consentire ai lavoratori coinvolti dal trasferimento d’azienda di rimanere alle dipendenze del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni pattuite con il cedente, salvi gli effetti della scadenza del contratto collettivo in vigore e dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo, che può comportare modifica dei trattamenti;

• non ha anche la finalità di garantire l’omogeneità dei trattamenti retributivi e normativi all’interno del complesso aziendale risultante dal trasferimento di azienda; pertanto, l’applicazione della  contrattazione collettiva del cessionario non deve essere retroattiva.

Appare però fonte di possibile contenzioso il caso in cui le imprese interessate dal trasferimento applichino contratti collettivi di livello diverso (es. aziendale  la cedente e solo nazionale la cessionaria), ma di  differente settore merceologico.

Caso di azienda A regolata da un CCNL ma non da una contrattaz aziendale che va in un azienda B con contrattazione aziendale

(CLASSICO ESEMPIO DI AZIENDA NON SINDACALIZZATA DOVE I LAVORATORI NON HANNO LA RSU E NON SONO ISCRITTI AL SINDACATO)

Problemi pone anche il caso, ad esempio, di “un’azienda A regolata da un determinato contratto nazionale – e da nessun altro livello di contrattazione collettiva – che confluisce in un’azienda B, regolata da un diverso contratto nazionale e da un contratto aziendale.

Quest’ultimo non dovrebbe trovare applicazione  rispetto ai dipendenti acquisiti, con conseguente e inopportuna disparità  di trattamento rispetto agli altri  lavoratori”.

3.4 LE DIMISSIONI DEL LAVORATORE  PER GIUSTA CAUSA A SEGUITO DEL TRASFERIMENTO D’AZIENDA

Innovativamente rispetto a prima e in attuazione  della direttiva 98/50/CE, il secondo periodo del co. 4 dell’art. 2112 c.c., come risultante a seguito del DLgs. 18/2001, riconosce in capo al lavoratore, “le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda”, il diritto di rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa, con gli effetti di cui all’art. 2119 co. 1 c.c.,

cioè:

• prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, ovvero senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato;

• con diritto all’indennità di mancato preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato.

In dottrina è stato sottolineato come tale disposizione:

• “riprende quanto previsto nei contratti collettivi per i soli dirigenti, ad esempio commerciali e industriali, rispettivamente agli artt. 21 e 13 dei relativi Ccnl”;

• generalizza quanto già previsto dall’art. 917 del codice della navigazione, nel quale è stabilito che “in caso di cambiamento dell’esercente, il nuovo esercente succede al precedente in tutti i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti di lavoro, ma il lavoratore può chiedere la risoluzione del contratto”;

• se, da una parte, “senz’altro esclude un diritto potestativo puro e semplice del dipendente”,dall’altra  “non sembra però richiedere il verificarsi di circostanze lesive  di diritti, come il demansionamento, che già in base alla normativa vigente legittimano le dimissioni per giusta causa di chi le subisce, anche nell’ambito di un trasferimento d’azienda”;

• appare una specificazione, con riferimento ai  rapporti di lavoro, della regola generale di successione dei contratti in caso di cessione d’azienda, di cui all’art. 2558 c.c., con la differenza che quest’ultimo articolo stabilisce la responsabilità dell’alienante, la quale non è invece espressamente prevista dal nuovo art. 2112 c.c.

Nella lettera del Ministero del Lavoro 31.5.2001 prot. n. 5/26570/70/ TRASF/D’AZ., si sostiene che “la «sostanziale modifica» deve realizzarsi a svantaggio del lavoratore” e, pertanto, “rientrano nella nuova fattispecie legale le sole dimissioni del dipendente motivate dalla circostanza che il trasferimento d’azienda abbia comportato un complessivo peggioramento delle condizioni di lavoro del dipendente stesso”.

3.4.1 L’irrilevanza del dissenso del dipendente al trasferimento

La Corte di Cassazione ritiene che l’art. 2112 c.c. sia congegnato in modo da “determinare l’inscindibilità tra rapporto di lavoro e azienda, facendo della successione a titolo particolare nel contratto di lavoro dell’acquirente un effetto legale immancabile della cessione di azienda”; pertanto, poiché è automatico il trasferimento dei dipendenti dal cedente al cessionario, non è previsto che il lavoratore ceduto presti il proprio consenso al trasferimento, né è rilevante l’eventuale dissenso del dipendente trasferito, il quale può solo avvalersi della speciale facoltà di rassegnare le proprie dimissioni introdotta dal DLgs. 18/2001, “ovviamente nei confronti del cessionario, dunque senza che il trasferimento del rapporto di lavoro sia posto in dubbio”.

Infatti, “la funzione socio-economica cui deve assolvere il trasferimento d’azienda osta a che a detto trasferimento possa applicarsi la  disciplina dettata dagli artt. 1406 e  ss. c.c., risultando di palmare evidenza come gli adempimenti richiesti da tale disciplina e la necessità del consenso del contraente ceduto concretizzano un complesso di disposizioni che, per la propria articolazione e la propria rigidità, si presentano come poco permeabili alle esigenze dei processi di ristrutturazione aziendale, di riconversione industriale e di delocalizzazione delle imprese. Esigenze queste alla cui soddisfazione è funzionalizzata invece la normativa dettata dall’art. 2112 c.c., volta a coniugare le ragioni dell’economia con quelle della tutela del lavoro”.

3.4.2 La facoltà del cedente di “trattenere” il dipendente

La giurisprudenza ha però ammesso che “quando non si versi nella ipotesi di totale trasferimento del complesso aziendale, ma di cessione di una sola parte dell’azienda ed il datore di lavoro cedente continui una attività economica nel complesso dei residui beni organizzati, al medesimo non solo è riservato il potere di recedere in tempo utile dai rapporti di lavoro con i dipendenti che già prestavano la propria opera nell’ambito dei beni trasferiti (se ne sussistono le ragioni giustificative), ma egli può trattenere i menzionati dipendenti presso di sé inserendoli nella parte non ceduta sempre che siano tutelate le aspettative di professionalità, infrazionabilità dell’anzianità, posizione creditoria”.

Anche in tale caso, “il consenso del dipendente, che non deduca lesioni di professionalità o aggravamento delle mansioni apprezzabili, o altre ragioni rilevanti per la prosecuzione del rapporto, non è vincolante ed il dissenso non potrebbe valere che quale supporto motivazionale delle dimissioni”.

3.4.3 Il diritto all’indennità di disoccupazione

L’art. 34 co. 5 della L. 23.12.98 n. 448 stabilisce che, a decorrere dall’1.1.99, la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni non dà più diritto alla concessione dell’indennità di disoccupazione ordinaria, agricola e non agricola, con requisisti normali e con requisiti ridotti.

Tuttavia, la Corte costituzionale ha ritenuto non legittima tale disposizione ove escluda la corresponsione dell’indennità ordinaria di disoccupazione “per le ipotesi in cui le dimissioni non siano riconducibili alla libera scelta del lavoratore, in quanto indotte da comportamenti altrui idonei ad integrare la condizione della improseguibilità del rapporto”.

4 GLI OBBLIGHI DA PARTE DEL CEDENTE E DEL CESSIONARIO DI COMUNICAZIONE AI SINDACATI E DI ESAME CONGIUNTO

L’art. 2 del DLgs. 18/2001 ha modificato i co. 1 - 4 dell’art. 47 della L. 29.12.90 n. 428, in materia di informativa ed esame congiunto da parte del cedente e del cessionario nei confronti dei sindacati, in caso di trasferimento d’azienda o di ramo aziendale.

A differenza dell’art. 2112 c.c., il quale prevede una tutela nei confronti dei lavoratori coinvolti nel trasferimento d’azienda di tipo “individuale” e “sostanziale”, l’art. 47 della L. 428/90 prevede una tutela di tipo “collettivo” e “procedurale”.

4.1 L’AMBITO DI APPLICAZIONE

Gli obblighi di informativa e di esame congiunto si applicano in caso di trasferimento d’azienda o di parte di azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c., in cui siano complessivamente occupati più di 15 lavoratori.

4.1.1 Il requisito dimensionale

Il requisito dimensionale “deve essere evidentemente riferito all’azienda dell’alienante”. La giurisprudenza ritiene che il computo dei 15 dipendenti consideri il numero degli occupati presso il cedente, anche se venga trasferito un ramo d’azienda cui inerisca un numero di rapporti individuali di lavoro inferiore a 15.

Tale orientamento appare accolto dal legislatore, in quanto il co. 1 dell’art. 47 della L. 428/90, come sostituito dal DLgs. 18/2001, contiene l’avverbio “complessivamente”, assente nella precedente versione della disposizione.

Peraltro, la Corte di Cassazione ritiene che la dimensione aziendale debba essere valutata con riferimento ad una media occupazionale e non ai livelli d’impiego occasionalmente raggiunti, nel caso di specie al momento del trasferimento.

4.1.2 Le modalità di computo dei dipendenti

Per il calcolo del limite di 15 dipendenti, si applicano le disposizioni di carattere generale previste nell’ambito della normativa sul lavoro.

Rientrano nel computo tutti gli operai, impiegati, quadri e dirigenti, anche se assunti con contratti a termine, salve espresse esclusioni.

Dipendenti esclusi

Il computo della base occupazionale deve escludere le seguenti categorie di dipendenti:

• i “vecchi” apprendisti (art. 21 co. 7 della L. 28.2.87 n. 56);

• i “nuovi” apprendisti, disciplinati dagli artt. 47 - 50 del DLgs.  10.9.2003 n. 276, salvo diversa  disposizione di legge o di contratto collettivo (art. 53 co. 2 del DLgs. 10.9.2003 n. 276);

• i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro (art. 3 co. 10 del DL 30.10.84 n. 726 conv. dalla L. 19.12.84 n. 863); 

• i lavoratori assunti con i nuovi contratti di inserimento di cui agli artt. 54 - 59 del DLgs. 10.9.2003 n. 276, salve specifiche previsioni del contratto collettivo (art. 59 co. 2 del DLgs. 10.9.2003 n. 276);

• i lavoratori assunti con contratto di reinserimento (artt. 20 co. 4 della L. 23.7.91 n. 223);

• i soggetti prestatori di lavoro a seguito di contratto di somministrazione di cui agli artt. 20 - 28 del DLgs. 10.9.2003 n. 276 (art. 22 co. 5 del DLgs. 10.9.2003 n. 276);

• i lavoratori a termine che sostituiscono dipendenti assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro, ad esempio in caso di maternità, svolgimento del servizio militare, infortunio, malattia, ecc.;

• i lavoratori a domicilio.

Sono altresì da escludere, in quanto non soddisfano il requisito di lavoratori dipendenti:

• i collaboratori coordinati e continuativi e i lavoratori “a progetto” (c.d. “lavoratori parasubordinati”), di cui agli artt. 61 - 69 del DLgs. 10.9.2003 n. 276;

• i familiari dell’imprenditore;

• i soci lavoratori delle cooperative che non abbiano un contratto di lavoro dipendente con la stessa.

I lavoratori a tempo parziale (Part Time)

Ai fini dell’accertamento della consistenza dell’organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno;

a tali fini, l’arrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti la somma degli orari individuali a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno.

La circolare del Ministero del Lavoro 30.4.2001 n. 46 fa l’esempio di 3 lavoratori con orari settimanali, rispettivamente, di 18, 20 e 24 ore; considerando un orario normale di 40 ore settimanali, si procederà nel seguente modo: 18 + 20 + 24 = 62 ore : 40 = 1 unità con resto di 22 ore; poiché le 22 ore superano la metà dell’orario normale, opera l’arrotondamento all’unità superiore; pertanto, i tre lavoratori part-time in esame sono computati come due lavoratori a tempo pieno.

I lavoratori a tempo determinato

L’art. 8 del DLgs. 6.9.2001 n. 368  stabilisce che, ai fini della determinazione dell’organico per lo svolgimento dei diritti sindacali previsti dagli artt. 19 - 27 della L. 20.5.70 n. 300 (Statuto dei lavoratori),

i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore a 9 mesi.

Ai fini del raggiungimento del limite dei 9 mesi deve considerarsi anche l’eventuale proroga dell’originario contratto a termine. Al di fuori di tale fattispecie, deve però ritenersi che i lavoratori a termine siano computati in ogni caso, come ai fini della disciplina in esame.

I lavoratori intermittenti

Gli artt. 33 - 40 del DLgs. 10.9.2003 n. 276 hanno disciplinato il contratto di lavoro intermittente, in base al quale un lavoratore subordinato si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa a seguito di chiamata, con almeno un giorno di preavviso (c.d. “lavoro a chiamata” o “job on call”).

Ai sensi dell’art. 39 del DLgs. 276/2003, il prestatore di lavoro intermittente è computato nell’organico dell’impresa, ai fini dell’applicazione di normative di legge, in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.

4.2 IL CONTENUTO DELL’INFORMATIVA

Ai sensi dell’art. 47 co. 1 della L. 428/90, l’informativa, da effettuare per iscritto, deve riguardare:

• la data del trasferimento o la data proposta per lo stesso;

• i motivi del programmato trasferimento d’azienda: gli imprenditori coinvolti devono specificare le ragioni comuni che li hanno indotti a porre in essere il trasferimento, indicando quali di esse interessino per la loro oggettiva valenza i lavoratori dipendenti;

• le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori: ad esempio, l’imprenditore acquirente deve rendere note le sue future intenzioni in ordine all’azienda acquisita (es. mutamento del settore merceologico, piani di investimento, programmi produttivi, contratti collettivi o regimi di previdenza integrativa applicabili, ecc.);

• le eventuali misure previste nei confronti dei lavoratori: ad esempio, programmi di riduzione del personale, piani di messa in cassa integrazione guadagni, variazione delle mansioni, trasferimenti della sede di lavoro, ecc.

Peraltro, con riferimento all’elemento della data o della data proposta del trasferimento, è stato osservato che la previsione del DLgs. 18/2001 “«istituzionalizza» … una notizia che comunque cedente e cessionario davano ai lavoratori per ragioni organizzative e per dare certezza giuridica ai rapporti”.

In ogni caso, l’informazione deve essere esaustiva e veritiera. Tuttavia, “restano fuori dal contenuto dell’informazione le questioni di ordine economico-produttivo e le notizie riservate di carattere finanziario, in quanto integranti il diritto di iniziativa privata propria del datore di lavoro e  la tutela in materia di concorrenza”.

4.3 I DESTINATARI DELL’INFORMATIVA

L’art. 47 co. 1 della L. 428/90 prevede che il cedente ed il cessionario debbano comunicare per iscritto le suddette informazioni:

• alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie (RSU) ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) nelle unità produttive interessate;

• ai sindacati di categoria che hanno stipulato  il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento.

In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, l’obbligo di comunicazione:

• deve essere assolto nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi;

• può essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell’associazione imprenditoriale alla quale aderiscono o conferiscono mandato.

4.4 IL TERMINE PER EFFETTUARE L’INFORMATIVA

L’art. 47 co. 1 della L. 428/90 prevede che il cedente ed il cessionario debbano comunicare le suddette informazioni almeno 25 giorni prima che:

• sia perfezionato l’atto da cui deriva il trasferimento;

• ovvero sia raggiunta un’intesa vincolante tra le parti, se precedente.

La relazione governativa al DLgs. 18/2001 evidenzia  come tali limiti temporali siano l’estrinsecazione dell’espressione “in tempo utile” prevista dalla direttiva 98/50/CE, “affinché l’informazione intervenga in tempo realmente utile per assicurare una reale efficacia della procedura di consultazione”.

L’intervento del DLgs. 18/2001 appare inoltre perseguire l’obiettivo di definire meglio il momento in cui sorge l’obbligo di informazione. Il precedente testo  della disposizione in esame, infatti, prevedeva che l’adempimento dovesse essere assolto almeno 25 giorni prima rispetto a “quando si intenda effettuare, ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d’azienda”

4.4.1 Il perfezionamento dell’atto di trasferimento dell’azienda

Con riferimento al parametro del “perfezionamento dell’atto da cui deriva il trasferimento”, anteriormente al DLgs. 18/2001 la dottrina e la giurisprudenza individuavano quale evento rilevante il momento di perfezionamento del contratto davanti al notaio.

Tale criterio sembrava applicabile anche con riferimento alla nuova disciplina.

L’orientamento del Ministero del Lavoro

La lettera del Ministero del Lavoro 31.5.2001 prot. n. 5/26570/70/TRASF/D’AZ., invece, fornisce una diversa interpretazione sostenendo che “il dies a quo (da cui a ritroso decorrono i 25 giorni) si può individuare nella data in cui viene effettuata l’iscrizione del contratto traslativo nel registro delle imprese, in quanto con tale iscrizione si dà pubblicità ai terzi dell’avvenuto trasferimento d’azienda (ai sensi e per gli effetti dell’art. 2556 e ss. c.c.)”.

4.4.2 L’intesa vincolante per il trasferimento dell’azienda

Grosse difficoltà interpretative ha invece comportato l’alternativo criterio del raggiungimento di “un’intesa vincolante tra le parti”.

È stato infatti evidenziato in dottrina come per “intesa vincolante” si dovrebbe “probabilmente intendere non solo la stipulazione di un eventuale contratto preliminare, ma addirittura la formulazione di una qualsiasi proposta di carattere commerciale finalizzata al trasferimento in progetto che, se accettata finirebbe per vincolare il cedente”.

Inoltre, “il riferimento all’intesa vincolante rischia di portare all’indietro, in modo indefinito, le lancette che segnano l’obbligo di comunicazione. L’espressione, infatti, potrebbe quasi sembrare riferita alle volontà soggettive, così che qualsiasi «appunto» o protocollo per mettere nero su bianco le condizioni dell’azienda e della cessione potrebbero essere considerati successivi all’«intesa vincolante», che segna l’inizio della procedura”.

È stato, infine, sottolineato come il criterio adottato dal legislatore per l’obbligo di informativa appaia contraddittorio col fatto che la comunicazione debba contenere anche “la data o la data proposta del trasferimento”; infatti, “appare di difficile comprensione come sia possibile informare le organizzazioni sindacali della data del programmato trasferimento d’azienda quando ai soggetti coinvolti sembra inibito raggiungere una qualche intesa su cui fare reciproco affidamento circa il buon fine dell’ipotizzata cessione”.

La scelta adottata dal legislatore italiano appare quindi criticabile, anche in considerazione del fatto che l’art. 6 della direttiva 98/50/CE stabilisce che la comunicazione ai sindacati deve avvenire “in tempo utile e in ogni caso prima che i lavoratori siano direttamente lesi dal trasferimento nelle loro condizioni di impiego e di lavoro”.

In conclusione, se prevarrà un’interpretazione della disposizione in esame particolarmente restrittiva, ci si troverà nella (assurda) situazione:

• da una parte, di rischiare di incorrere nelle sanzioni per non aver rispettato il termine di informazione preventiva, in caso di accettazione della proposta della controparte;

• dall’altra, di effettuare, in via prudenziale, un’informativa in relazione a trattative appena avviate, in vista di un eventuale futuro accordo che potrebbe non realizzarsi.

Per evitare tali effetti, è stato sostenuto che “l’espressione intesa vincolante fra le parti non possa che far riferimento alla stipula del preliminare (che è l’unico atto che può avere effettivo valore vincolante fra le parti) e non certo a qualsiasi accordo tra le parti che comunque potrebbe essere in seguito disatteso o a qualsiasi atto interno di una delle società, quali ad esempio la delibera del consiglio di amministrazione.

È quindi difficile ipotizzare che tale previsione debba necessariamente comportare … una pletora di comunicazioni alle organizzazioni sindacali. Diversamente opinando, peraltro, resterebbe il problema di non facile soluzione per le organizzazioni sindacali che lamentassero la lesione dei loro interessi di dar prova del momento in cui si sarebbe conclusa l’intesa vincolante fra le parti.

Ø       (…) Va peraltro al riguardo ulteriormente osservato che il tipo di informazione che deve essere obbligatoriamente fornito presuppone che il programma o progetto di trasferimento sia in qualche misura già definito e approvato nel  momento in cui l’informazione viene resa, perché solo in quel momento è possibile valutare o determinare, eventualmente in  sede di esame congiunto, la portata giuridica, economica e sociale delle conseguenze del trasferimento di azienda per i lavoratori. In buona sostanza, solo quando le parti abbiano definito e si impegnino a rispettare le condizioni del trasferimento, diventa logicamente e materialmente possibile valutarne gli effetti”.

Inoltre, “quanto alla questione legata all’«intesa vincolante»,  spetta all’interprete evitare esiti paradossali o l’impraticabilità stessa della disposizione. Fra i vari significati ipotizzabili sembrano perciò doversi scartare tutte le forme di accordo che non siano di per sé programmabili in anticipo (ad esempio: l’accettazione di uno schema base, o «puntuazione»; lettere d’intenti o comunque accordi di massima)

. L’unica forma d’intesa vincolante di cui si possa chiedere la comunicazione preventiva è il contratto preliminare, cioè l’ultimo momento negoziale che nella prassi precede l’atto notarile di trasferimento. Sembra in questo senso obbligata una lettura non irragionevole della norma”.

L’orientamento del Ministero del Lavoro

Tali problematiche sembrano superate sulla base dell’interpretazione fornita dal Ministero del Lavoro nella lettera 31.5.2001 prot. n. 5/26570/70/TRASF/D’AZ.

In tale sede, infatti, si afferma che “il termine «vincolante» sia individuativo dell’atto di conclusione del processo circolatorio sicché sono da ricondurvi unicamente quegli atti «definitivi» o «stabili» nel tempo per includere la manifestazione di volontà ormai «immodificabile» o «irretrattabile» del cedente e del cessionario e come tali idonei a produrre effetti reali traslativi. In ultima analisi, nell’ambito della suddetta intesa, preliminare e prodromica all’iscrizione nel registro delle imprese, rientra il solo negozio giuridico con cui l’azienda – mediante atto pubblico – viene alienata o concessa in affitto o in usufrutto.

Conseguentemente, si può ritenere che né l’eventuale «contratto preliminare» di cessione d’azienda né gli atti interni della società cedente o di quella cessionaria (come le delibere assembleari) rientrino nelle fattispecie individuate dal legislatore, giacché il «contratto preliminare» potrebbe pur sempre essere sostituito da un contratto successivo e le delibere delle assemblee potrebbero essere successivamente modificate o impugnate, ad esempio dai soci di minoranza.

Peraltro, avvalora la tesi  suesposta la previsione contestuale dell’art. 2 in trattazione, nella parte in cui, precisando i necessari contenuti dell’informativa, aggiunge l’elemento della tempistica del trasferimento (data o la data proposta), non determinabile dal cedente e dal cessionario se non in base a concreto accordo che dia spazio al reciproco affidamento circa il buon fine della cessione, ferma restando però che in ragione delle complesse procedure societarie insite nella traslazione di un’azienda non è da escludere la possibilità di modificazione della «data proposta del trasferimento» se alla vincolatività dell’intesa conseguita non seguano tempestivi effetti di pubblicità ai terzi, e pertanto, di efficacia del trasferimento”.

4.5 L’ESAME CONGIUNTO CON LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI

L’art. 47 co. 2 della L. 428/90 stabilisce che, entro 7 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione scritta, le rappresentanze sindacali o i sindacati di categoria possano richiedere per iscritto al cedente e al cessionario di effettuare un esame congiunto della  situazione. La fase dell’esame congiunto è quindi eventuale, subordinata alla richiesta dei sindacati.

Entro 7 giorni dal ricevimento della predetta richiesta, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare tale esame con i sindacati. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi 10 giorni dal suo inizio, non sia raggiunto un accordo.

Ø       La fase consultiva, può, ma non necessariamente deve, condurre ad un’intesa.

 

Legge 29/12/1990 n.428 - Art.47

TRASFERIMENTI DI AZIENDA

Comma 1

Ø      Quando si intenda effettuare, ai sensi dell' art. 2112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono occupati piu' di quindici lavoratori, l'alienante e l'acquirente devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite, a norma dell'art.19 della legge 20/05/1970, n.300, nelle unita' produttive interessate, nonche' alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria puo' essere effettuata per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare:

a) i motivi del programmato trasferimento d'azienda; 
b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; 
c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

Comma 2

Ø      Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali aziendali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, l'alienante e l'acquirente sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti.

Ø     La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. Il mancato rispetto, da parte dell'acquirente o dell'alienante, dell'obbligo di esame congiunto previsto nel presente articolo costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della  legge 20/05/1970, n. 300.

Comma 3

I primi tre commi dell'art. 2112 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:

Ø      "In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Ø      L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli artt.410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore puo' consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

Ø      L'acquirente e' tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente".

Comma 4

Ø      Ferma restando la facolta' dell'alienante di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per se' motivo di licenziamento.

Comma 5

Qualora il trasferimento riguardi aziende o unita' produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell'art. 2, quinto comma, lettera c), della legge 12/08/1977, n.675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazine di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attivita' non sia stata disposta o sia cessata nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l' art. 2112 del codice civile, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo puo' altresi' prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell'alienante.

Comma 6

Ø      I lavoratori che non passano alle dipendenze dell'acquirente, dell'affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi.

Ø     Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall'acquirente, dall'affittuario o dal subentrante in un momento successivo al trasferimento d'azienda, non trova applicazione l' art. 2112 del codice civile.

Art. 2112
Trasferimento dell'azienda

Ø      In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (1).

Ø      L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro (1).

Ø      L'acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente (1).

Ø      Le disposizioni di quest'articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell'azienda.

(1) Comma così sostituito dall'art. 47, L. 29 dicembre 1990, n. 428.

Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 18

"Attuazione della direttiva 98/50/CE relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti"

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2001


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, che modifica la direttiva 77/187/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti;

Vista la legge 21 dicembre 1999, n. 526, ed in particolare gli articoli 1 e 2 e l'allegato A;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 febbraio 2001;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero e per la funzione pubblica;

 

E m a n a
il seguente decreto legislativo: 


Art. 1.
Modifiche all'articolo 2112 del codice civile

 

1.     L'articolo 2112 del codice civile e' sostituito dal seguente:


"Art. 2112 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda). - In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

 

Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore puo' consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

 

Il cessionario e' tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario.

 

L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.
Ferma restando la facolta' di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per se' motivo di licenziamento.

 

 Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, puo' rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma.

 

Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarita' di un'attivita' economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identita', a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base dei quali il trasferimento e' attuato, ivi compresi l'usufrutto o l'affitto d'azienda.

 

 Le disposizioni del presente articolo si applicano altresi' al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attivita' economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identita'.".

 

Art. 2.

Modifiche all'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428

 

  1. All'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, i commi 1, 2, 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:

 

"1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente occupati piu' di quindici lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte d'azienda, ai sensi del medesimo articolo 2112, il cedente ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite, a norma dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unita' produttive interessate, nonche' ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento.

 

In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente piu' rappresentativi e puo' essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare:

 

 a) la data o la data proposta del trasferimento;

 b) i motivi del programmato trasferimento d'azienda;

c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;

d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

 

2. Su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo.

 

3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi previsti dai commi 1 e 2 costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

 

4. Gli obblighi d'informazione e di esame congiunto previsti dal presente articolo devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante. La mancata trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni necessarie non giustifica l'inadempimento dei predetti obblighi.".

 

Art. 3.
Disposizioni finali

1. Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto trovano applicazione a decorrere dal 1o luglio 2001.

2. Il presente decreto non comporta nuovi o maggiori oneri, ne' minori entrate, a carico del bilancio dello Stato.